Creare l’educazione
Franco Frabboni – Preside Emerito Facoltà Scienze della Formazione – Alma Mater, Bologna – Jesolo 2009
Porto a questo Trentennale della Federazione Italiana Yoga l’adesione piena della mia Facoltà di Scienza della Formazione dell’Università di Bologna e anche di quella dell’Alto Adige con la quale collaboriamo in maniera organica. Siamo intenzionati a far sì che questa dimensione, che può diventare professionale, sia acquisita dai futuri insegnanti della scuola , dell’infanzia e della scuola primaria.
Vi è infatti uno strettissimo rapporto fra Yoga e Pedagogia, perché lo Yoga è una scienza dell’educazione, una scienza esistenziale. Vorrei sviluppare alcuni concetti. Il primo è la tesi che oggi l’educazione a livello planetario sia una delle emergenze. Il secondo è che in Europa, passaggio obbligato quando si parla di queste tematiche, si parla di un investimento sui temi dell’educazione e della formazione che implica risorse sociali, umane, culturali. L’educazione, che va al di là dell’alfabetizzazione, riguarda la formazione integrale della persona in tutte le sue dimensioni di vita affettiva, motoria, cognitiva, estetica, etica.
Nel paesi ricchi assistiamo oggi a un’emergenza educazione, si tratta del cosiddetto neo analfabetismo, l’incapacità a conservare e a poter aprire un discorso di manutenzione delle conoscenze, nella prospettiva di una educazione e formazione permanenti per tutta la vita. Vi sono ricerche europee, prodotte da agenzie assolutamente affidabili, che hanno messo in evidenza come una quota crescente di giovani, si arriva fino al 35% in Francia, dopo sei sette anni dall’uscita dalla scuola secondaria, soffrano di una sorta di analfabetismo di ritorno, definito illitteratismo, cioè perdita delle conoscenze acquisite durante l’ultima parte del percorso scolastico e anche una perdita di alcune delle padronanze conoscitive di base.
E poi c’è questa onda lunga del soggetto massa che sta diffondendosi sempre più in maniera invasiva, trainato dai media e dalla società dell’informazione in generale. Ma l’informazione non è ancora conoscenza. La conoscenza si basa infatti su un piano di interiorizzazione ed elaborazione dell’informazione. La pedagogia oggi è quindi fortemente impegnata nella difesa della soggettività, della singolarità della persona, una persona dalla mente plurale, non influenzata dalla competitività e dal qualunquismo, un soggetto in grado di controllare e elaborare le conoscenze per decidere su quali costruire il proprio sistema concettuale in piena libertà. L’ Europa dà alcune indicazioni affinché al termine dei percorsi secondari non vi sia questa evaporazione delle conoscenze acquisite. Un aspetto che dovremmo prendere in considerazione è che il gioco entri come categoria simbolica dell’educazione. E lo Yoga ha tutti i requisiti tipici di un apprendere giocando. Oggi il gioco non ha una centralità educativa, formativa e, se c’è, spesso è competitivo e la competitività non permette a coloro che hanno alcuni ritardi di poter recuperare, ma anzi li divide definitivamente da chi ha invece accumulato maggiori competenze.
Lo Yoga è un possibile motore a livello formativo e può portare un contributo fondamentale nella scuola per far sì che la scuola conceda più spazio alla categoria della creatività, perché la creatività significa anche rottura dagli schemi, significa processo, anziché prodotto. La capacità di porre anche domande scomode, rovesciate (Rodari le poneva con la testa all’ingiù-come nello yoga!), credo sia molto importante. La creatività non è solo essere artisti, la creatività è anche un modo di pensare.
Lo Yoga può tentare una strategia per entrare nelle università che, nella loro autonoma costruzione delle proprie didattiche, possono promuovere laboratori di Yoga, importanti per la formazione dei futuri docenti scolastici. Lo Yoga, essendo una proposta strutturata, è infatti in grado di interessare moltissimo i futuri insegnanti della scuola materna ed elementare che possono sensibilizzarsi su questo versante del ludico e, nello stesso tempo, acquisire una pratica che non è solo di tipo pedagogico, ma anche di tipo esistenziale.
Credo che mente, cuore e corpo, che sono tre dimensioni fondamentali della persona, debbano essere un tutt’uno. E la pedagogia yoga prende in considerazione questi tre elementi, che sono in divenire essi stessi.
La mente non è una categoria che possiamo definire una volta per tutte e così pure il cuore e la corporeità. Per concludere, metterei una sorta di medaglia d’oro di natura pedagogica sul petto dello Yoga, come una laurea honoris causa, perché credo che questa dimensione culturale, esistenziale, cognitiva, relazionale, possa fornire alle nuove generazioni la possibilità di decidere autonomamente come diventare donne e uomini di domani.
Dalla rivista “YogaItalia” organo ufficiale della Federazione Italiana Yoga.